domenica 17 dicembre 2006

IL METEO IN PIEMONTE

Molte volte le analogie aiutano a comprendere i problemi.
Circa dodici anni fa,vidi in TV un documentario, che raccontava della fine di una grande vallata verdeggiante, che sorgeva nel deserto degli U.S.A.
Se ben ricordo, si parlava di una zona piuttosto vasta,percorsa da un fiume che scendeva da un arco di piccoli monti; ricoperta da fitta vegetazione e popolata da animali di vari tipi.
Per secoli, questo piccolo eden rimase immutato; ma un brutto giorno, venne scoperto dall’uomo, che iniziò ad abitarlo, sconvolgendo l’equilibrio che lo governava.
L’isediamento umano portò, l’abbattimento degli alberi, per la costruzione delle abitazioni e per il riscaldamento invernale.
Nel periodo di poche generazioni, quella verdeggiante vallata, divenne ciò che vediamo oggi; un arido canalone bruciato dal sole.
Cosa è successo, dal punto di vista prettamente meteorologico?
L’uomo ha distrutto l’oasi; tagliando e bruciando gli alberi, ha tolto l’umidità del suolo, e non ha più concesso alle nubi di passaggio, di abbassarsi per lasciar cadere il loro carico vitale.
Nell’oasi, l’aria arriva fresca dall’alto, per spostarsi poi nel deserto circostante; questo cono aspirante, cattura le nubi di passaggio che scendono portando la pioggia; questo a causa della bassa pressione,creata dall’umidità.
Il Piemonte è una grande vallata, con alti monti nei versanti Ovest e Nord, con gli appennini liguri a Sud ed è aperta verso Est.
Nel periodo, fine autunno e tutto inverno, il calore sviluppato per riscaldamento, produzione industriale e traffico, creano una continua corrente ascensionale, stabilizzando un clima di alta pressione, “dimostrazione, la continua diminuzione della nebbia.”
Le nubi in arrivo da Nord – Ovest, sollevate oltre i duemila metri, dalle catene alpine, vengono mantenute in quota, riducendo le precipitazioni nella sottostante pianura.
In questo periodo, l’acqua e la neve, che naturalmente sarebbero destinate al Piemonte, vanno a scaricarsi, nelle regioni orientale e meridionale, con effetti inattesi ed indesiderati.
Questa situazione tende ad attenuarsi, negli anni in cui, qualche alluvione autunnale, consente il persistere di maggiore umidità al suolo.
Ad inizio primavera, il germogliare della vegetazione, tende localmente a creare zone di bassa pressione; l’aria comincia a muoversi in maniera convulsa, le nuvole, scendono e salgono, ma comunque si notano solo precipitazioni isolate all’arco alpino.
Le prime vere piogge, arrivano grazie a nubi provenienti da Sud; spinte da venti che passando attraverso le valli appenniniche, provocando forti correnti d’aria, con effetti non desiderati.
Arriva poi l’estate; viene a mancare il riscaldamento delle abitazioni, la produzione industriale cala, si va in ferie, le città si svuotano; così il clima temporalesco d’agosto, tende a ripristinare almeno in parte le condizioni naturali.
Cosa si può fare perché il clima piemontese non continui diventare sempre più secco? Perché le precipitazioni non divengano sempre più rare e violente?
Si potrebbe, provare ad attuare un semplice progetto che consenta alla natura di comportarsi come vorrebbe, almeno nei periodi invernali.
Le previsioni meteo ci consentono, di prevedere in anticipo, l’arrivo delle nuvole ed i barometri ci sanno indicare la pressione atmosferica presente nella vallata.
Il problema diventa: “Come,realizzare per il giorno successivo, un campo di bassa pressione e di conseguenza, una minore spinta verso l’alto che consenta l’abbassarsi delle nubi, con maggiore possibilità di precipitazione.”
La soluzione è “FAR SCENDERE LA TEMPERATURA.”
Quando le nubi si trovano sopra il Piemonte, da almeno sei ore: 1)Le fabbriche, le centrali termiche,le auto devono essersi fermate. 2) I Riscaldamenti devono essere stati spenti.
In pratica, realizzare dei giorni di non attività, in clima di AUSTERITI invernale, regolati dalle condizioni meteorologiche.
Indubbiamente i settori produttivo e commerciale, soffrirebbero notevoli scompensi economici; ma sarebbero compensati, da quelli: idrico, agricolo ed ambientale.
Si spenderebbe decisamente meno per le calamità naturali, per le siccità, per le alluvioni; i fondi destinati a questi settori, andrebbero a coprire le carenze di carattere produttivo e commerciale.
I benefici non sarebbero solo per il Piemonte,ma anche per le altre regioni e per il clima italiano che tornerebbe più naturale e prevedibile; molto più simile a quello di tanti anni fa.

Fasan Silvano

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