sabato 30 dicembre 2006

UNA STORIA

Un giorno, durante una battuta di caccia dei leoni, una gazzella riuscì a salvare la vita ma riportò una ferita alla mandibola. Da allora riuscì a brucare solo l’erba più tenera; però questa situazione le creò non poche difficoltà con le compagne.
Dopo qualche tempo decise di rivolgersi a loro dicendo: ” Intendo sfidare il re dei leoni a singolare tenzone e a scacciare i felini dalla vallata. “ L a risposta divertita diventò: “ Se riuscirai nel tuo intento, ti eleggeremo nostra regina e lasceremo a te l’erba più tenera. “ L’accordo fu stipulato e la gazzella si recò presso il branco dei leoni e rimanendo a debita distanza, chiamò il loro re e così lanciò la sua sfida.
“ Io sono di te più forte e lo voglio dimostrare all’intera vallata perciò ti sfido a singolare tenzone; io sola contro di te solo, senza interferenze o aiuto di alcuno, senza tregue e senza limiti di tempo fino alla morte o alla resa di uno di noi due. Se tu vincerai, avrai come premio tutta me stessa, ma se sarai tu ad arrenderti, dovrai lasciare la vallata con tutto il tuo branco ”.
Il re dei leoni accettò la sfida e subito si lanciò contro l’impudente gazzella; che con agilità e velocità facilmente si sottrasse fuggendo ai primi attacchi del leone.
“ Tu mi sfidi e poi non combatti; mi provochi e poi fuggi, che lotta è mai questa? “
“ Tu hai la forza, io l’agilità, è giusto che ognuno usi le proprie armi; prima o poi uno dei due dovrà dichiararsi vinto e quella non sarò di certo io. “
Il tempo passa e la gazzella tra una fuga e l’altra riesce comunque a brucare l’erba che le occorre per sopravvivere.
Anche al re dei leoni viene fame e così va verso il branco per cibarsi con le prede uccise dai suoi compagni.
Alto risuona il rimprovero della gazzella, “ Non è leale, quelle prede non sono tue, questo significa utilizzare l’aiuto dei tuoi, sarò io il tuo cibo ma prima dovrai battermi, “
Gli attacchi del re dei leoni divennero sempre più furiosi ma non riuscirono ad ottenere il risultato voluto.
Così dopo qualche giorno il re dei leoni affamato dovette dichiararsi battuto dall’inganno e dalla furbizia della gazzella.
Come stabilito i leoni lasciarono la vallata alle gazzelle che scongiurato il pericolo di sempre, elessero felici la loro regina.
Durante il duro viaggio, il branco dei leoni, giunto alla sommità delle colline, incontrò il proprio precedente vecchio re, che si era lassù recato a trapassare in pace e solitudine.
Vedendo il suo popolo, quel vecchio morente chiese cosa di tanto grave fosse successo. Saputa la storia così parlò: “ Voi avete dunque dimenticato le basi della nostra sopravvivenza? Vi è stato insegnato fin da piccoli, che la maggiore forza della gazzella sta nella sua agilità e velocità e che per vincerla sono necessarie unione ed organizzazione. Unione ed organizzazione sono la nostra legge, la nostra religione, sono lo spirito che ci consente una vita da incontrastati e tranquilli re. Osservate la vita solitaria del ghepardo, agile, veloce scattante ed astuto; egli è in grado di procurarsi la preda senza l’aiuto dei compagni.
Ma nelle sue vicinanze c’è sempre un branco di iene che unite finiscono col saziarsi della sua preda, lasciandogli solo il tempo di divorare qualche frettoloso boccone.
“Tornate nella vostra vallata a cacciare uniti, poiché la promessa alle gazzelle è stata fatta non da voi ma solo da questo vostro re, accecato dal suo potente orgoglio. “
Così nel vedere che il branco aveva compreso le sue parole, il vecchio leone spirò felice.
I felini tornarono nel loro territorio a cacciare ma incontrarono difficoltà impreviste; perché ormai le gazzelle tutte ubbidivano alla loro nuova regina.
Questa, infatti, sapendo di aver vinto furbescamente si aspettava un prossimo ritorno dei leoni. Dispose così, che in caso di attacco; tutte avrebbero dovuto correre unite nella direzione da lei indicata, ignorando il pericolo.
Tutto accadde come previsto e lo scontro si concluse con pochissime perdite da parte delle gazzelle unite nella fuga; mentre le leonesse travolte da quel mare di zoccoli di prede, ne uscirono piuttosto malconce.
La fame costrinse i leoni ad attacchi sempre più frequenti e sempre meglio organizzati.
Le gazzelle dovendo rimanere sempre allerta ed ubbidire agli ordini della regina, si accorsero ben presto di aver perso la loro libertà individuale. Il loro spirito forte si ribellò alla disciplina imposta dalla regina che perse la sua maestà.
Oggi le gazzelle fuggono libere pensando ognuna a sé stessa e sbandandosi una con l’altra, servono involontariamente i leoni, che delle loro vite non possono fare a meno.

premessa

Le idee degli uomini sono più di quanti saranno gli uomini stessi.
Ogni essere umano condivide per sommi capi alcune idee dei suoi simili e ne disapprova altre.
Il cercare di trovare dei fattori comuni di pensiero, è impresa ardua, perché le idee sono frutto di esperienze e di bisogni, fisici e mentali che sono diversi per ognuno di noi.
Essere logici ed obiettivi, significherebbe riuscire a guardare le cose, dopo essersi spogliati mentalmente da ogni bisogno e da ogni esigenza, cosa umanamente impossibile.
Penso che l’attento osservatore debba in ogni modo, per ottenere un risultato abbastanza equo, farsi una media di quanto gli è stato concesso di vedere, conoscere e sperimentare.
Penso che il mio tentativo non potrà trovare una totale approvazione, perché in ogni caso esprimerò idee mie.
Qualunque cosa verrà espressa, troverà in ogni caso critiche e perplessità, in buona parte dei lettori.
Non è perciò mia pretesa, essere condiviso, ma soltanto mia speranza donare qualche certezza in più.
La causa scatenante che mi ha spinto ad osservare, scavare e scrivere, non essendo un letterato ma un tecnico, è stata la massima Bahai “Ricerca senza limitazioni della verità”.
Se questi miei pazzi, disordinati scritti troveranno grandi critiche, sarà come aver ottenuto un enorme consenso.




Silvano Fasan

domenica 17 dicembre 2006

IL METEO IN PIEMONTE

Molte volte le analogie aiutano a comprendere i problemi.
Circa dodici anni fa,vidi in TV un documentario, che raccontava della fine di una grande vallata verdeggiante, che sorgeva nel deserto degli U.S.A.
Se ben ricordo, si parlava di una zona piuttosto vasta,percorsa da un fiume che scendeva da un arco di piccoli monti; ricoperta da fitta vegetazione e popolata da animali di vari tipi.
Per secoli, questo piccolo eden rimase immutato; ma un brutto giorno, venne scoperto dall’uomo, che iniziò ad abitarlo, sconvolgendo l’equilibrio che lo governava.
L’isediamento umano portò, l’abbattimento degli alberi, per la costruzione delle abitazioni e per il riscaldamento invernale.
Nel periodo di poche generazioni, quella verdeggiante vallata, divenne ciò che vediamo oggi; un arido canalone bruciato dal sole.
Cosa è successo, dal punto di vista prettamente meteorologico?
L’uomo ha distrutto l’oasi; tagliando e bruciando gli alberi, ha tolto l’umidità del suolo, e non ha più concesso alle nubi di passaggio, di abbassarsi per lasciar cadere il loro carico vitale.
Nell’oasi, l’aria arriva fresca dall’alto, per spostarsi poi nel deserto circostante; questo cono aspirante, cattura le nubi di passaggio che scendono portando la pioggia; questo a causa della bassa pressione,creata dall’umidità.
Il Piemonte è una grande vallata, con alti monti nei versanti Ovest e Nord, con gli appennini liguri a Sud ed è aperta verso Est.
Nel periodo, fine autunno e tutto inverno, il calore sviluppato per riscaldamento, produzione industriale e traffico, creano una continua corrente ascensionale, stabilizzando un clima di alta pressione, “dimostrazione, la continua diminuzione della nebbia.”
Le nubi in arrivo da Nord – Ovest, sollevate oltre i duemila metri, dalle catene alpine, vengono mantenute in quota, riducendo le precipitazioni nella sottostante pianura.
In questo periodo, l’acqua e la neve, che naturalmente sarebbero destinate al Piemonte, vanno a scaricarsi, nelle regioni orientale e meridionale, con effetti inattesi ed indesiderati.
Questa situazione tende ad attenuarsi, negli anni in cui, qualche alluvione autunnale, consente il persistere di maggiore umidità al suolo.
Ad inizio primavera, il germogliare della vegetazione, tende localmente a creare zone di bassa pressione; l’aria comincia a muoversi in maniera convulsa, le nuvole, scendono e salgono, ma comunque si notano solo precipitazioni isolate all’arco alpino.
Le prime vere piogge, arrivano grazie a nubi provenienti da Sud; spinte da venti che passando attraverso le valli appenniniche, provocando forti correnti d’aria, con effetti non desiderati.
Arriva poi l’estate; viene a mancare il riscaldamento delle abitazioni, la produzione industriale cala, si va in ferie, le città si svuotano; così il clima temporalesco d’agosto, tende a ripristinare almeno in parte le condizioni naturali.
Cosa si può fare perché il clima piemontese non continui diventare sempre più secco? Perché le precipitazioni non divengano sempre più rare e violente?
Si potrebbe, provare ad attuare un semplice progetto che consenta alla natura di comportarsi come vorrebbe, almeno nei periodi invernali.
Le previsioni meteo ci consentono, di prevedere in anticipo, l’arrivo delle nuvole ed i barometri ci sanno indicare la pressione atmosferica presente nella vallata.
Il problema diventa: “Come,realizzare per il giorno successivo, un campo di bassa pressione e di conseguenza, una minore spinta verso l’alto che consenta l’abbassarsi delle nubi, con maggiore possibilità di precipitazione.”
La soluzione è “FAR SCENDERE LA TEMPERATURA.”
Quando le nubi si trovano sopra il Piemonte, da almeno sei ore: 1)Le fabbriche, le centrali termiche,le auto devono essersi fermate. 2) I Riscaldamenti devono essere stati spenti.
In pratica, realizzare dei giorni di non attività, in clima di AUSTERITI invernale, regolati dalle condizioni meteorologiche.
Indubbiamente i settori produttivo e commerciale, soffrirebbero notevoli scompensi economici; ma sarebbero compensati, da quelli: idrico, agricolo ed ambientale.
Si spenderebbe decisamente meno per le calamità naturali, per le siccità, per le alluvioni; i fondi destinati a questi settori, andrebbero a coprire le carenze di carattere produttivo e commerciale.
I benefici non sarebbero solo per il Piemonte,ma anche per le altre regioni e per il clima italiano che tornerebbe più naturale e prevedibile; molto più simile a quello di tanti anni fa.

Fasan Silvano

UN MISTERO D’EGITTO.


Come fecero gli antichi egizi a trasportare da Assuan, i massi di granito, che servirono per la costruzione delle piramidi e dei templi?
Forse questa domanda, che continua ad avere delle risposte ipotetiche, non è formulata nella maniera corretta.
Risposte attendibili, possono arrivare solo se le domande sono plausibili ed attinenti al problema.
Io ho cercato di pormi altre domande, facendo delle considerazioni di carattere generale.
Domanda: Come poté svilupparsi una florida civiltà, in una striscia paludosa, percorsa da un fiume con lieve pendenza, in mezzo ad un deserto?
Risposta: Dragando il Nilo, portando a riva il limo, che divenne terreno fertile da coltivare, rendendo così navigabile il grande fiume.
Domanda: Come fecero? Visto che a questo quesito, non sa dare risposta neanche la moderna tecnologia? Infatti il limo accumulato in questo ultimo secolo nel lago Nasser continua ed essere un problema .
Pensare a tecnologie, oggi dimenticate o sconosciute, credo non ci possa aiutare a scoprire l’arcano.
Gli antichi, erano attenti osservatori della natura e profondi conoscitori delle sue forze; “forse più di quanto non lo siamo noi ora; confusi dall’utilizzo tecnologico dei macchinari, siamo più inclini a sfruttare che non ad utilizzare, le risorse naturali.”
Gli egizi avevano certamente compreso, che un masso di granito immerso nell’acqua, dimezzava il suo peso; mantenendo la sua consistenza e la sua capacità di spostare il fango.
Sapevano che le piene del Nilo erano cicliche e prevedevano i periodi delle grandi inondazioni.
Si accorsero pure che il grande fiume, nell’entrare nel loro territorio, passava tra le due grandi alture di Assuan.
Così gli uomini della conoscenza, idearono “ un semplice ma pratico progetto,” che sto immaginan-do di vedere nel passato e del quale ovviamente, non vi può rimanere traccia.
Grazie alle caratteristiche, di forte aumento di volume del legno saccomoro, una volta bagnato; il suo utilizzo tra le fessure rocciose, delle alture di Assuan permisero la produzione di grandi massi, che venivano depositati sulle rive del fiume, formando due specie di argini.
Il legname prodotto dalle foreste africane, serviva a costruire delle grandi chiatte; queste venivano poi legate tra di loro ed ai grandi massi, che così si trasformavano in due lunghe chiglie.
All’arrivo delle grandi piene, il fango s’incanalava tra le due grandi file di chiatte, che venivano unite, formando un cuneo.
Veniva così sfruttata, grande parte della forza della corrente, per far scendere lungo il Nilo, quella grande imbarcazione a punta, che con le sue due potenti chiglie,spostava il limo verso le rive, rendendole fertili e mantenendo poi navigabile il grande fiume.
All’arrivo nei pressi delle isole, le due ali venivano temporaneamente divise, per consentire il dragaggio dei due rami del grande corso d’acqua.
In corrispondenza di pianure, dove sorsero le città, le code della grande imbarcazione, venivano tagliate ed il cuneo veniva allargato.
I massi ed il relativo legname delle chiatte, andando alla deriva, veniva depositato naturalmente sulle rive: venne utilizzato successivamente per la costruzione delle città e dei templi.
Questa ipotesi semplicistica, potrebbe comunque spiegare, gli anni di abbondanza e di benessere; quelli delle carestie e delle invasioni di insetti o animali indesiderati, con le relative piaghe d’Egitto.
Forse riuscirebbe persino a dare logica spiegazione, anche ai racconti biblici di Giuseppe e Mosè;
“Ma no, forse è meglio, considerare questa mia ipotesi, come pura visione apparsa in sogno.”
Se invece fosse realtà; per far tornare fertili le rive del Nilo, basterebbe adottare quel “ semplice progetto” sostituendo i massi e le chiatte con mezzi dell’attuale tecnologia.